Will Hunt, anno 2014: le bacchette di Vasco!

Paolo Battigelli 29 giu 2017
Grande forza, straordinaria energia e un impatto musicale di quelli che lasciano il segno. Un’onda d’urto che ha tramortito gli oltre 400mila fan che hanno assistito ai 7 concerti del Live Kom 014 Tour di Vasco Rossi. Due ore e mezza di musica trascinante, tra nuovi brani e classici del repertorio del Komandante, oggi tornato ai massimi livelli sfoderando la grinta di un gladiatore. A sostenere tutto ciò, dietro i tamburi, siede Will Hunt, “momentaneamente strappato” agli statunitensi Evanescence...

Senza dubbio stiamo vedendo il miglior Vasco degli ultimi tempi: grinta da vendere, energia e tanta voglia di stare sul palco. Ma se un fuoriclasse può fare la differenza, il risultato generale è frutto di un certosino lavoro di squadra. E un immenso Vasco può oggi contare sulla potenza di una band parzialmente rinnovata, capace di infondere a un repertorio di per sé vincente freschezza e nuovo vigore. Una svolta, la sua, con tanto di arrangiamenti in metal style che hanno mandato in visibilio il pubblico: una svolta nata dall’esigenza di avere sul palco una sola chitarra solista e un batterista decisamente in linea con il nuovo show.

Sul palco di Vasco c’è la chitarra di Stef Burns, capace ...
l'articolo continua  

info intervista

WILL HUNT
– si sa – di assoli incendiari e arpeggi di grande atmosfera, mentre dietro la batteria oggi siede l’americano Will Hunt, drummer tecnicamente preparato, con trascorsi alla corte di Zakk Wylde, Motley Crue e Evanescence. [Oggi Hunt sostituisce Matt Laug, con Vasco dal 2007].

Rock duro e puro, una ritmica devastante sempre e comunque sopra le righe e un groove contagioso, per un viaggio alle sorgenti del Vasco-sound che ha stupito i fan. In attesa del suo nuovo disco in uscita a fine ottobre. “Come sarà? Uno sballo totale!”, Vasco dixit...

L'intervista che segue ha avuto luogo il giorno 11 luglio 2014, allo stadio di San Siro, qualche ora prima dello show milanese di Vasco...

Com’è iniziata l’avventura musicale con Vasco?
E’ una storia interessante, visto che sino a 8/9mesi fa non sapevo chi fosse. Un giorno ho ricevuto una telefonata da un amico di Los Angeles che mi proponeva alcune date con un cantante italiano. A sua volta, era venuto a sapere che Vasco stava mettendo su una live band per 7 concerti negli stadi italiani. La cosa mi poteva interessare e così chiesi: “posso sapere per chi dovrei suonare?” – “Si chiama Vasco Rossi!” - Il nome non mi disse nulla, perciò feci una rapida ricerca su Wikipedia e YouTube e scoprii che è il più grande artista italiano, una sorta di Bruce Springsteen e di Bon Jovi a livello di popolarità. Wow! Guardai alcune sue clip e mi mandarono fuori di testa, ero scioccato... Pensai: “lo devo assolutamente conoscere...!” Dissi al mio amico che per me era ok ma che dovevo conoscere le date. “Questione di qualche settimana...” fu la sua risposta. Perfetto, il dado era tratto. Non restava che rimboccarmi le maniche.

Hai fatto un’audizione?
No, si sono fidati del mio curriculum. I nomi dei personaggi con cui ho suonato parlano per me. Il primo incontro con Vasco e la band è avvenuto 6 settimane fa. L’accoglienza è stata fantastica, molto… italiana! Mi hanno fatto sentire subito a mio agio e le prove sono scivolate lisce come l’olio.

Qual è stato il primo impatto con il nuovo repertorio di Vasco?
Domanda interessante... Ovviamente non conoscevo nessuna delle 32 canzoni che dovevo suonare e il tempo a disposizione per impararle era assai ristretto. Inoltre, le song sono cantate in italiano, neanche in inglese, perciò i riferimenti musica/testo risultavano ancor più complicati... ci ho messo un bel po' per venirne a capo. Le gig con Vasco sono completamente diverse da quelle che ho fatto sinora e devo dire che anche se la musica degli Evanescence [la band con cui Hunt ha suonato fino al 2011] è sostanzialmente heavy, qui siamo su un altro pianeta, passando da Gli Spari Sopra, un rock duro adrenalinico, a Sally, brano alla Steely Dan, a Siamo Soli, un heavy sludgy metal [un metal denso e appiccicoso] sulla scia dei Korn. Insomma, una ampia gamma di stili: ogni brano con un preciso approccio. Il che, sia chiaro, mi intrigava perché amo le sfide.

Quello tecnicamente più complicato, e quello che ami di più suonare?
Il più - tra virgolette - difficile per me, è il più semplice della scaletta. Mi riferisco a Cambiamenti, uno dei brani nuovi: è così semplice, con quel suo andamento lento basato su un groove particolare e avvolgente, che è facile uscire dai binari e deragliare. E se fai l’errore di prenderlo sottogamba, proprio perché easy, sei fregato. Devi porre la massima attenzione, soprattutto se sei un batterista. Il brano più divertente per me? Siamo Soli, ma anche Qui Si Fa La Storia. E poi Gli Spari Sopra, che apre il concerto: un concentrato di adrenalina purissima.

Vuoi accennare al tuo drumkit?
E’ abbastanza simile a quello che ho utilizzato per l’ultimo tour degli Evanescence. La batteria è sempre una Pearl MasterWorks, con la differenza che stavolta ho due casse 22”x18” invece di una da 26”x16”. Tom 12”x9”, Floor 16”x16” e 18”x16” e Snare 6,5”x14”. Monto pelli Remo, più un paio di Pearl TruTrac Electronic Drumheads che hanno la stessa risposta delle pelli tradizionali ma mi permettono di passare dal sound del kit acustico al sound di un kit elettronico senza che io debba (minimamente) alterare il mio drumming. Sono un endorser Pearl da alcuni anni, precisamente dal tour con i Black Label Society.

Piatti e bacchette?
Zildjian, li uso da quando ho cominciato a suonare: sono piatti fantastici. Bacchette Vater Signature: una particolare versione della bacchetta Virgil Donati privata del rivestimento laccato per fornirmi un maggiore grip, visto che le mie mani sudano molto.

Sappiamo che hai preso lezioni, quando eri ragazzo...
Sino ai 13/14 anni. Il mio primo strumento, in realtà, fu la chitarra, che abbandonai poco dopo perché mi accorsi che non faceva per me: ero diventato un fan sfegatato dei Kiss, in particolare di Peter Criss, il batterista. Dunque, la scelta fu ovvia. I suoi numeri pirotecnici sul palco mi entusiasmavano e avrei dato qualsiasi cosa per essere come lui! Il primo album dei Kiss che ascoltai fu Alive II, credo di averlo consumato... Chiaramente, mi chiudevo in camera debitamente truccato, con il volume al massimo e due bacchette a portata di mano!

Eri uno studente attento e disciplinato?
Chi, io? Figurati! Presi lezioni per 5 anni e alla fine ero stremato: mesi interi a ripetere gli stessi rudimenti, i medesimi gesti, senza mai uno sprazzo di creatività... una botta di vita! [ride] A quell’età hai solo voglia di essere larger than life, di sprigionare energia da tutti i pori. Per me, quella era la morte civile, perciò, un giorno, salutai e me ne andai. La mia fortuna fu incontrare un grande batterista come Willie McNeill. Suonava negli Abuse, una band un tantino più violenta dei Sex Pistols. Però, a differenza dei punkettari di allora, possedeva una grande tecnica e classe da vendere. Di lui mi piaceva l’energia dirompente che metteva in ciò che suonava. Un ciclone. E’ stato lui a insegnarmi a mantenere la postura corretta, a insegnarmi il corretto movimento di mani e piedi facendo particolare attenzione ai polsi, uno dei talloni d’Achille di ogni batterista. La tecnica dei polsi è fondamentale... Per me si trattava di coniugare nel modo giusto movimenti e tecnica su tamburi e piatti. Io sono un power guy, uno che picchia duro, e trovare il giusto equilibrio tra mente e muscoli fu essenziale. Fortunatamente tutti i miei idoli, da Peter Criss a John Bonham, erano un po’ come me, e hanno saputo trovare la loro strada. Io volevo seguirne l’esempio. Forse Vinnie Paul fu quello tra i miei idoli in grado di fondere alla perfezione velocità e tecnica...

Hai 42 anni, ciò significa che sei musicalmente cresciuto a cavallo tra Settanta e Ottanta...
Ho iniziato ad ascoltare musica da bambino, partendo da band come appunto i Kiss e i Police, una band molto innovativa per l’epoca. Poi c’erano i dischi di mio padre che ascoltavo anch’io. Ricordo che un Natale trovò sotto l’albero un’antologia degli Steely Dan: per settimane ascoltò solo quella. Per fortuna gli piacevano anche band come gli AC/DC! Quando mi fece ascoltare Highway To Hell, sbarellai!... anche perché la musica era semplice da suonare, assoli di Angus a parte. Capii che tutto stava nei riff micidiali e nella ritmica poderosa. La semplicità è spesso foriera di grande musica: ti dice nulla Back In Black?

Nel corso della tua carriera hai suonato con illustri rappresentanti del mondo dell’hard rock. Il primo fu Tommy Lee dei Motley Crue. Come avvenne?
Avevo sostituito due volte Tommy sul palco: una in Inghilterra quando si era lussato una spalla, e un'altra in Canada quando si era slogato un polso. Suonare con i Motley Crue fu incredibile! Tuttavia, esibirmi con i miei idoli, di fronte a decine di migliaia di persone, non mi ha mai intimorito: dopotutto, ero cresciuto con la musica dei Crue e la conoscevo come le mie tasche! Infine, ci tengo a dire che Tommy è energia allo stato puro, come musicista e come persona...

L’album dei Motley Crue che ami di più?
Registrarono un album intitolato con il loro nome (Motley Crue, 1994) senza Vince Neil, allora sostituito da John Corabi. Per me, quel disco cambiò le regole del gioco. Il modo in cui Tommy [Lee] suonava, quel suono di batteria, era pazzesco: come sentire John Bonham in stato di grazia... E non me ne vogliano i fan degli Zeppelin! Quell’album è stato la mia Bibbia. Per le registrazioni, la band si era riunita con Bob Rock (che aveva curato la produzione del loro album di maggior successo, Dr. Feelgood) e John Corabi si era rivelato una risorsa: John era un ottimo autore di testi e un buon chitarrista, e facilitava il lavoro di Nikki Sixx e Mick Mars. Inoltre tutti, nella band, avevano deciso di mantenersi puliti nelle session, ottimizzando tempo e risorse artistiche. Insomma, una serie di fortunate coincidenze che portarono alla realizzazione di quel loro album omonimo, fantastico, anche se a mio avviso, non premiato dal pubblico come avrebbe meritato...

E dei Black Label Society, cosa ci dici?
Conosco bene il chitarrista [ormai ex] Nick Catanese, ed è stato grazie a lui se la cosa è andata a buon fine. Un giorno mi scrisse una email dicendomi che gli era captata tra le mani una foto che ci ritraeva insieme, ai tempi di un tour con la BLS a cui la mia band faceva da supporter. Visto che il batterista dei BLS se ne rra andato e c’era da registrare un album (Order Of The Black), lui avrebbe voluto fare il mio nome. Naturalmente acconsentii. Così Nick chiamò Zakk [Wylde] e Zakk chiamò me invitandomi nel suo studio. Il piano era che registrassi l’album ma senza fare il tour visti i miei impegni di allora con gli Evanescence. Nel contempo però, la band aveva deciso per una pausa, dunque io ero libero di entrare nella band di Zakk. Una grande esperienza, come essere in famiglia. So che ora il posto di Nick [Catanese] è stato preso da Dario Lorina. Great guy, un amico... Pensa che, pur vivendo agli angoli opposti degli USA, abbiamo avuto lo stesso maestro di voce e pianoforte!

Tu sei nato a Gainsville, Florida, mentre lui vive a Las Vegas...
Esatto... cresciuto con vicini di casa come The Outlaws (nella città di Tampa), Lynyrd Skynyrd (a Jacksonville), Molly Hatchet e 38 Special: insomma, la crema del southern rock!

Cosa farai, archiviata la pratica Vasco Rossi?
L’idea è di registrare nuovi brani con i White Noise Owl e i City Of Falling Kings, le band con cui sto lavorando. In più, mi piacerebbe riunirmi ai Dark New Day per realizzare il loro prossimo album. Salvo sorprese, naturalmente...

Nessuna notizia dal campo Evanescence?
Non per il momento. Amy Lee, come forse sai, è incinta, e dunque ora siamo tutti in standby.

Ricordi il tu primo drumkit?
Dopo il primissimo, di cui non ricordo neanche la marca, ebbi una Pearl CB 700. Mi piaceva un sacco!

Will Hunt in breve
Uno dei meriti di Vasco è l’aver saputo cogliere l’occasione per rivedere il proprio repertorio in una chiave più rock metal, soprattutto riguardo agli arrangiamenti: un’urgenza artistica concretizzatasi nel rinnovamento della band, ora con batteria/basso/ chitarra ritmica ad interagire come un solo uomo: solide fondamenta su cui costruire uno show pirotecnico. La batteria, vera fonte del ritmo, è da sempre il perno sul quale ruota tutto. E questo, il Blasco lo sa bene. Perciò ha volto lo sguardo oltreoceano, scegliendo Will Hunt. Perfetto per tradurre in musica tale cambiamento.
Classe 1971, Will Hunt nasce a Gainsville (Florida) e già in età prescolare mostra grande interesse per la musica. Ha solo 5 anni quando riceve in regalo il primo rullante, con l’accordo con i suoi che prenderà lezioni di musica. Promessa che mantiene per alcuni anni, durante i quali Will si sottopone ‘obtorto collo’ a lezioni basate su rudimenti e i fondamentali del drumming di cui, allora, non vede l’utilità e considera semplicemnte una perdita di tempo. “Per qualsiasi bambino alla ricerca dell’azione, dello sfogo fisico, dell’energia sprigionata dalle bacchette sulle pelli, quel ripetere nozioni all’infinito era di una noia mortale. Mi sentivo frustrato. Volevo essere Peter Criss dei Kiss, invece mi ritrovavo ad agire come un automa... ”

Quando suo padre, medico psichiatra, si trasferisce a Topeka per il suo internato, Will lo segue. Sebbene abbia solo 9 anni, si inserisce da subito nella scena punk della città, grazie anche alle conoscenze del suo nuovo insegnante, Willie McNeill. (Membro degli Abuse, stimata band locale che Will definirà: "una sorta di Sex Pistols, solo un po’ più duri...")
Will è un ottimo batterista e le sue lezioni si riveleranno preziose. Ciò che più lo affascina, è l’energia profusa dal drumming, cosi' come lo studio di come muovere le mani, i polsi, i piedi, per ottenere quel particolare suono: la postura, l’attitudine, ecco ciò che realmente conta per Will. “Quando sei giovane, tutto si riduce al grande entusiasmo e all’adrenalina che ti scorre dentro. Non ti frega nulla di quante persone hai davanti: picchi sulle pelli e basta. Ma quando sei in tour da qualche mese suonando la stessa song per la novecentesima volta, l’entusiasmo scema e ti rendi conto che il saper muovere mani e piedi nel modo corretto può evitarti spiacevoli problemi alle articolazioni...”

Nel frattempo Will fa tesoro di ogni esperienza. A 18 anni è già in studio, alle prese con la doppia cassa in salsa AC/DC. Sa come farsi apprezzare, avendo affinato uno stile in grado di sposare energia e tecnica. Nel 1996 supera l’audizione per entrare negli Stuck Mojo, tra i pionieri del rap/metal, e con loro gira gli States e mezza Europa, rientrando in patria con l’insano desiderio di fondare una sua band. Allora l’hard rock e il metal hanno perso parte del loro appeal negli USA, così pensa bene di puntare sull’Europa.
Gli Skrape diventano la sua band, e con loro firma un contratto con la RCA registrando un paio di dischi. Il rapporto con l’etichetta - all’inizio idilliaco - dopo un paio di anni si incrina al punto che: "ci fecero capire chiaramente di non nutrire più alcun interesse verso di noi e ci scaricarono..."
Il momento è critico, ma non tutto il male viene per nuocere. Il destino ha infatti in serbo una serie di interessanti e lucrose offerte come sessionman. La prima - forse la più radicale in termini di musica - viene da Tommy Lee, allora impegnato in un progetto solista. Will, sottostimando le proprie potenzialità, si reca alle audizioni "per pura curiosità" ma, contro ogni previsione, viene scelto tra quasi 50 aspiranti. Will adora Tommy Le (cosi' come Peter Criss e John Bonham) e con lui registra Never A Dull Moment (2002).

Nel 2007 è in studio con i Bloodsimple e gli Static X e l’anno successivo rimpiazza dal vivo proprio Tommy Lee in seno ai Motley Crue, causa indisponibilità per problemi ad una spalla e un polso. Un rapporto, il loro, che continua sui solchi di A Public Disservice Announcement (2010) a firma Methods Of Mayhem (un progetto dello stesso Lee) e che rinsalda un’amicizia che dura a tutt'oggi.

Il 2010 lo vede impegnato come batterista dei Crossfade e degli Eye Empire, seguito da un tour in forza agli Stained al posto di Jon Wysocki. Nel frattempo, Will entra a far parte degli Evanescence, rimpiazzando Rocky Gray: un sodalizio destinato a diventare un caposaldo della sua parabola artistica.
Con loro prende parte al The Open Door Tour (2007) e all’album Evanescence (2011), dopodiche, la band decide di prendersi un lungo periodo off. Pausa che continua tuttora, vista la gravidanza della cantante Amy Lee.

Ma nel percorso di Will Hunt c’è posto per un altro grosso nome, quello di Zakk Wylde. Con i Black Label Society prende parte alle registrazioni dell’album Order Of The Black (2010), uscendo con loro anche in tour.
Più recenti sono invece gli impegni con i Device (progetto di David Draiman dei Disturbed) e i White Noise Owl, coi quali incide l’EP Until We Meet Again.

Poi, riceve una telefonata, in cui gli viene proposto di suonare con un grande artista italiano: si tratta di una manciata di date negli stadi e il suo nome è Vasco Rossi.
Will Hunt - lo ammetterà candidamente - non sa chi sia e, prima di decidere, fa una rapida ricognizione sul web. Naturalmente, accetta.


Will Hunt equipment

Pearl MasterWorks Drumkit
Cassa 26”x16” - Tom 12”x9” - Floor tom 16”x16” e 18”x16”- Rullante 14”x6.5” Reference o Ultra-Cast Snare.

Zildjian Cymbals
14” Hit-Hat - 18” Medium Crash - 18” Rock Crash - 19” Medium Crash - 19” Thrash Ride - 21” Mega Bell Ride - 18” China - 12” Splash

Roland Trigger Pad
PD-8 Pad FD-8 Pedal

Vater Sticks
Will Hunt Signature




© 2016 Il Volo Srl Editore - All rights reserved - Reg. Trib. n. 115 del 22.02.1988 - P.Iva 01780160154