VIRGIL DONATI l'esperienza con i Panzerballett

Patrizia Marinelli 30 lug 2025
Tecnica sopraffina, musicalità innata e capacità di cavalcare con nonchalance i territori più variegati, fanno di Virgil Donati uno dei batteristi più rispettati della scena. Oggi i Panzerballett coinvolgono il batterista australiano in Übercode Œuvre, il loro nuovo spericolato album che, miscelando jazz, heavy rock, funky groove e incastri ritmici complessi, genera carburante ad alti ottani destinato a un viaggio tra i pianeti più lontani.

I Panzerballett, il quintetto teutonico che punta al virtuosismo più estremo, pubblicano il nuovo Übercode Œuvre, là dove temerarietà è la parola d’ordine. La band di Monaco, infatti, non ha certo paura di mescolare jazz, standard, rock, funk, groove al vetriolo e poliritmie complesse, e nemmeno di generare dinamiche ora nervose, ora fluide, confezionando brani le cui strutture mutano l’identità e ogni volta si rigenerano: il tutto, per un cocktail eccentrico ed originale destinato agli intenditori dei gusti più intriganti. Detto ciò, non sorprende che i Panzerballett abbiano voluto mettere la ciliegina su una torta già così raffinata: individuano nella discografia dei Planet X il brano Alien Hip Hop (2007) a firma Virgil Donati, e lo invitano a suonarlo in studio con un arrangiamento creato ad hoc: “La musica di Virgil, in ...
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Panzerballett
Virgil Donati
Übercode Œuvre
particolare quella con i Planet X, è stata una delle mie influenze principali quando ho cominciato a sperimentare e miscelare gli habitat più diversi...” – ha spiegato Jan Zehrfeld, chitarrista dei Panzerballett – “Per questo motivo, è per me un onore particolarmente grande avere Alien Hip Hop nella tracklist, con Virgil dietro i tamburi, in una versione in cui ho contribuito in maniera significativa all’arrangiamento...”

Australiano, classe 1958, talento del drumming, ma anche compositore e produttore di gran caratura, Virgil Donati non necessita certo di presentazioni. Sin da bambino si nutre dei dischi di Louie Bellson e Buddy Rich che ascolta suo padre, sviluppando ben presto una gran passione per il jazz. Riceve la sua prima batteria a soli 2 anni, mentre a 6 comincia a prendere lezioni di pianoforte. All’inizio dei Settanta si imbatte nell’ascolto dei Deep Purple e resta abbagliato da Ian Paice seduto dietro i tamburi: “Ho letteralmente adorato il suo tiro, il suo groove e l’articolazione dei suoi fraseggi...” – ha avuto modo di dire Donati più volte – “C’è l’anima dentro il suo playing!” Naturalmente, continua a studiare la batteria e a 19 anni si trasferisce negli Stati Uniti per studiare con Philly Joe Jones e alla Dick Groves School di Los Angeles, per poi concentrarsi sul rullante e studiare con Murray Spivack e Rob Carson. Quello di Virgil Donati è un talento innato ed i suoi seri studi dietro i tamburi plasmano la sua personalità di batterista capace di addomesticare ogni genere di musica: jazz, fusion, prog, rock ed anche il metal più contemporaneo. Non è un caso che l’elenco delle collaborazioni di Donati sia così denso: qualche esempio? Tommy Emmanuel, Melissa Etheridge, Tribal Tech, Allan Holdsworth, Steve Vai, Derek Sherinian, Steve Walsh, Joel Hoekstra, Tony McAlpine, Nili Brosh, Kiko Loureiro, Icefish, giusto per fare nomi, a cui si aggiunge la sua discografia da solista e, naturalmente, quella dei Planet X.

Abbiamo parlato con Virgil Donati della sua recente esperienza con i Panzerballett ed ecco di seguito che cosa ci ha raccontato.

Ciao, Virgil è un piacere averti sulle nostre pagine. I Panzerballet hanno appena pubblicato Übercode Œuvre e nella tracklist hanno deciso di inserire il tuo brano Alien Hip Hop con un nuovo arrangiamento: ci dici come è andata?
Pensa che ho incontrato i Panzerballet all’epoca in cui erano gli opener del tour di Allan Holdsworth... ricordo che la loro preparazione mi aveva colpito all’istante! Tuttavia, solo nel 2019 Jan Zehrfeld [chitarrista e leader della band tedesca] mi ha contattato e si trattava di un progetto molto speciale con la NDR Big Band. In sostanza, la celebre big band aveva arrangiato alcuni brani dei Panzerballet per uno show ed io ero elettrizzato all’idea di far parte di quel progetto. E’ scaturita una performance assolutamente brillante, capace di miscelare jazz, fusion e persino metal.

Com’e andata con la nuova versione di Alien Hip Hop?
Jan [Zehrfeld] ha messo in piedi un arrangiamento ritmico a dir poco entusiasmante: impegnativo, certamente, fatto del rincorrersi di suddivisioni di gruppi di note irregolari. [Tuplet, nella notazione anglosassone] Ho quindi rielaborato parecchie delle mie parti per consegnare una nuova prospettiva a questo brano che ho composto quasi 30 anni fa per l’album On The Virg (1999). A suo tempo c’è stata anche la versione pubblicata su Quantum dei Planet X (2007), quindi, per l’album dei Panzerballett mi sono prefissato una nuova e ulteriore versione. In pratica, è stato come ritrovare un vecchio amico, dialogando però con nuove idee ed energia nella testa.

Il nuovo album dei Panzerballett contiene altre tracce che la band ha rivisitato con la loro poliedrica chiave di lettura: ce n’è qualcuna che ti piace in modo particolare?
Direi l’Inno alla Gioia [Ode To Joy] di Ludwig van Beethoven, una rielaborazione particolarmente intrigante. Cambiando decisamente registro, mi piace anche la loro versione di Pick Up The Pieces degli Average White Band. Adoro l’approccio con cui reinterpretano i brani, con quella complessità ritmica che poi è l’essenza stessa dei Panzerballett.

Jan Zehrfeld ha detto che se esistesse il libro Jazz-Fusion-Metal, Alien Hip Hop sarebbe menzionato come brano-simbolo. Cosa pensi di questa affermazione?
È sicuramente un grande onore. Quel che dice Jan di Alien Hip Hop è lusinghiero e ne sono orgoglioso. Ho sempre amato attraversare i confini fondendo i generi di musica senza forzature, ricercando la naturalezza e la fluidità; il brano in questione ne è un esempio e vederlo menzionato da Jan è una bella sensazione.

Tu sei un endorser DW Drums: che cosa ti ha spinto a scegliere questo tipo di batteria?
A mio parere le batterie DW si distinguono da sempre per la costruzione e la versatilità, e anche per l’aspetto estetico, il che non guasta. Io ho bisogno di una batteria capace di affrontare i contesti più diversi, quindi solida, efficiente ed affidabile al massimo e, naturalmente, con un suono corposo, potente e pieno di carattere.

In genere che tipo di configurazione prediligi?
In generale, utilizzo una cassa 18”x23” o 18”x24”, rack tom 8”x10” e 9”x12” e floor tom 16”x18” o 13”x16”. Rullante 5,5”x14” o 5,5”x10” oppure 6”x14”. In realtà, la configurazione è strettamente legata alla situazione in cui mi trovo a suonare e al fatto di utilizzare fusti in acero oppure in mogano.

Il tuo equipment si compone di ulteriori strumenti di cui sei endorser, ce li accenni?
Utilizzo piatti Sabian che mescolo in base alle esigenze di ogni singola performance, mentre in quanto alle pelli utilizzo le Remo Clear Ambassador ad esclusione delle Ambassador X per il rullante. Le mie bacchette sono le Techra Signature Pulse 5B, in fibra di carbonio: lunghezza mm 441, diametro 0,58”. E’ un marchio italiano e che pertanto voi conoscerete bene; un’azienda dinamica e attenta alle esigenze dei batteristi ma anche alla salvaguardia dell’ambiente. Il loro sistema Anti Vibration riesce ad assorbire le vibrazioni provocate dal rimbalzo delle bacchette su tamburi e piatti così da evitare di trasferirle alle braccia e consentirti di suonare in maniera confortevole. Chi vuol sapere di più sul mio equipment completo potrà visitare il mio portale (virgildonati.com)

Concedici di svisare con qualche domanda aggiuntiva: fra i tuoi progetti ci sono gli Icefish, la prog metal band in cui suoni accanto a Marco Sfogli (chitarra), Andrea Casali (basso/voce) e Alex Argento (tastiere). Ebbene, di recente avete pubblicato la cover di Animate dei Rush e raccolto calorosi consensi: ti aspettavi questa reazione?
Onestamente non avevo aspettative considerando che una band come gli Icefish non fa certo musica per ogni tipo di palato ma, proprio per questo, vivo quel riscontro positivo come la ricompensa del nostro lavoro e impegno collettivo. Ed è estremamente gratificante.

C’è una ragione particolare per cui avete deciso per quella cover dei Rush?
Confesso di non essere un accalorato fan dei Rush, ma li rispetto molto. Nel loro repertorio ci sono pezzi iconici ed uno di essi è Animate; l’input è arrivato da Alex [Argento] affinché gli Icefish aggiungessero alcuni pezzi-tributo alla scaletta dei live e devo convenire che è stata una bella idea. Animate è un pezzo eccellente e ritengo che abbia restituito l’essenza degli Icefish: precisione esecutiva, interplay ed energia.

Domanda a bruciapelo: l’improvvisazione è la responsabile dei tuoi assoli tanto iconici, confermi?
Esattamente. L’improvvisazione è la chiave del mio approccio agli assoli, in risposta alle dinamiche e all’energia del pezzo. La bellezza di improvvisare è la totale libertà. Un assolo di batteria lo percepisco come un dialogo spontaneo, dove non pensi a priori alle parole da utilizzare, ma fuoriescono con naturalezza in funzione dell’argomento del dialogo stesso. L’imprevedibilità scaturita dall’improvvisazione è quel che rende il tutto emozionante, sia per il musicista che per il pubblico che ascolta.

Per chiudere, cosa ti senti di suggerire ai batteristi più giovani?
La passione e l’impegno sono fondamentali. Un grande batterista non è solo tecnicamente abile, ma ama la musica profondamente. Deve essere curioso, sempre alla ricerca di imparare e crescere, sia attraverso lo studio canonico che l’esplorazione personale. Ma, su tutto, deve sviluppare il proprio suono. È facile cadere nella trappola di copiare ciò che è popolare, ma i grandi batteristi si distinguono per il loro suono. E infine, la pazienza. Crescere come musicista richiede tempo e il viaggio è importante tanto quanto la destinazione...


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