GLARE OF THE SUN FRANZ EBERT

Andrea Martini 06 giu 2017
I Glare Of The Sun, combo in parte austriaco e in parte tedesco, si affacciano con decisione sulla scena doom metal e hard rock pubblicando Soil (LifeForce Records), la loro prima release discografica uscita il 28 gennaio 2017…

Prodotto da Dan Swanö e anticipato dai singoli One Step Nothing e Degeneration, l’album (Soil) è un tripudio di chitarre hard messe al servizio di un mood plumbeo e cupo, in cui echeggia il sapore del post-metal, il gusto per la ricerca e svariate influenze rock: un mix acerbo ma affascinante e non privo di piacevoli spunti.

I Glare Of The Sun sono un combo di recente formazione, costituito da musicisti austriaci e tedeschi impegnati in passato con formazioni degne di nota, vedi Zombie Inc. Collapse 7, Microtonner e Proll Guns. La nuova band, già inserita tra le spire di doom, shoegaze e post-metal, in realtà rifiuta ogni tipo di definizione e si prefigge l’obiettivo di sperimentare tramite stili e tendenze le più diverse, lasciando all’audience l’ardua sentenza…
Ci ha spiegato tutto Franz Ebert in quella che è la sua prima intervista per i Glare Of The Sun... ...
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info recensione

GLARE OF THE SUN
SOIL
LifeForce Records


GLARE OF THE SUN lineup
Christoph Stopper (vocal) – Martin Baumann (guitar) – Gerald Huber (guitar) – Tobian Schwab (bass) – Franz Ebert (drum)

Soil è il primo lavoro dei Glare Of The Sun: ce ne parli? Sei soddisfatto del drumming che hai consegnato agli 8 brani della scaletta?
A mio avviso si tratta di un disco che ha tutte le carte in regola per avere successo, uno di quelli che alla gente piace ascoltare e riascoltare, come pare stia accadendo ora… Per il resto, che posso dire? In studio ho suonato in maniera fluida e spontanea ma, quando ho dovuto risuonare delle parti, ho avuto la sensazione di copiare me stesso! In effetti, caratterialmente, non sono mai completamente soddisfatto di quel che faccio e per dare un giudizio più flat, dovrò riascoltare l’album tra un po’ di tempo, quando avrò messo una certa distanza tra me e il periodo delle registrazioni.

Lo stile della band, quindi anche quello di Soil, è già stato definito doom e post-metal, sei d’accordo?
E’ difficile dare una precisa definizione a una band che mescola assieme generi diversi. Quando la gente legge una certa definizione, si sa che si fa delle idee; ma noi non volevamo che gli ascoltatori si aspettassero a priori un genere di musica preciso e, personalmente, non so se mi importa molto se Soil sia un album doom o post-metal, o se invece sia qualcosa nel mezzo. Lasciamo che siano i giornalisti a discutere di questi concetti astratti… Non importa come ci definiscono, noi vogliamo fare musica e riuscire ad avvicinarci al cuore delle persone.

In studio c’è stato un brano particolarmente impegnativo da realizzare?
No, nulla ci ha dato del filo da torcere durante le registrazioni. La cosa più complicata è stata imbastire a priori la precisa struttura di ciascun brano. Riguardo al drumming, alcune difficoltà le ho avute con i blast che chiudono The Drowning And The Hush, anche perché non sono esattamente il mio territorio, ma quel brano li richiedeva.

Che genere di equipment hai utilizzato per registrare l’album?
Ho utilizzato una Tama Silverstar con cassa da 26” e pelli Remo Emperor/Ambassador. Rullante Yamaha Mike Bordin. Doppio pedale Tama Speed Cobra. Riguardo ai piatti, ho utilizzato un set misto: 24” Sabian Apollo Ride, 16” e 18” Wuhan Crash, 19” Zildjian K China Boy e 14” Paiste HiHat Sound Formula. Microfoni Shure SE315 e in-ear Hearsafe Big Phones. Bacchette Vic Firth 5A.

Parlando della tua formazione: quali batteristi ti hanno influenzato su tutti?
Il mio più grande idolo all’epoca era Mike Bordin… è grazie a lui se sono qui adesso! Non so quante volte ho ascoltato i dischi dei Faith No More… Inoltre, adoro Danny Heifetz dei Mr. Bungle pur se non posso pensare di avvicinarmi al suo talento… Ho cercato mille volte di suonare sopra i suoi dischi, soprattutto l’album Mr. Bungle, tentando di rifarmi in tutto e per tutto al suo stile! Tra i miei drummer favoriti c’è anche Dave Lombardo: l’album degli Slayer Seasons In The Abyss è stato fondamentale per un certo sviluppo del mio stile.

Sei un autodidatta o hai seguito un percorso di studio con degli insegnanti?
A 14 anni ho provato ad andare a lezione ma ho smesso presto. Non mi è mai piaciuto mettermi a praticare con rudimenti, paradiddle e via dicendo. Per me la batteria è divertente solo se suonata assieme ad altri strumenti e così, quel che presi a fare, fu mettermi in cuffia e suonare sopra i miei dischi preferiti. Non ho mai avuto problemi a tenere il tempo, mentre il fatto di non aver seguito un percorso di studio tradizionale, mi ha portato ad avere alcune lacune nella tecnica, soprattutto agli inizi, quando rompevo svariate bacchette a settimana, e mi facevano male i polsi.

L’improvvisazione, quindi, caratterizza le tue performance dietro i tamburi?
Direi di no. Ovviamente ci sono brani che suono sul palco in modo un po' diverso di volta in volta, ma non sono solito stravolgere le parti di un brano… anche perché suono con altri musicisti e ciò potrebbe irritarli, visto che anche loro sono impegnati a seguire un certo schema. Tra l’altro, nei nostri show non sono previsti nemmeno degli assoli di batteria.

Certo, hai iniziato da poco: ritieni tuttavia di avere già raggiunto un sound che ti distingue?
Penso che ogni essere umano sia diverso dall'altro, quindi ogni batteria suona in modo diverso. Non ho mai sentito un drummer che suonasse esattamente come un altro, specialmente con le drums acustiche dove hai a disposizione una gamma pressochè infinita di variazioni del suono. Poi dipende anche da cosa stai suonando. Ognuno si fa il suo percorso per conoscere a fondo il proprio strumento. Dipende da ciò che senti e va bene così. Un buon esempio di ciò che sto dicendo sono le varie audizioni che hanno fatto i Dream Theater con i più importanti batteristi della scena rock quando Mike Portnoy decise di lasciare la band. Ognuno suonava in un modo molto diverso dall'altro.

Oggi quanto tempo dedichi alla pratica dietro i tamburi?
Per motivi di tempo, purtroppo non quanto vorrei: 4/6 ore la settimana, più le due prove a settimana con la band. Questo, quando non siamo in tour, naturalmente.

Ti prendi personalmente cura del tuo drumkit prima di ogni show o c’è un tecnico che lo fa per te?
Direi che faccio tutto da solo. Anzi, mi succede anche di sistemare qualche altro strumento sul palco. Nelle mie precedenti band, infatti, sono sempre stato il responsabile del setting e del suono dei concerti live. Sarebbe bellissimo se un giorno potessi avere accanto un drum-tech di fiducia!

Quali sono le tue aspettative per Soil?
Io dico che questo disco on stage colpirà come una granata. Riempiremo gli stadi e la band riuscirà a guadagnare tanto da poterci vivere senza dover fare più un altro lavoro ed io finalmente non dovrò più farmi in quattro per trascinare il mio drum kit da un palcoscenico ad un altro.

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