Max Roach, il Maestro!

Paolo Sburlati 30 gen 2019
Questa intervista risale al 1994

Quali sono i grandi batteristi del passato che hanno insegnato a suonare la batteria con lo swing ed il tiro del be bop degli anni cinquanta? Chi erano i grandi "duellatori", gli storici innovatori dell'allora nascente percussione che nel giro di alcuni decenni si sarebbe imposta a milioni di giovani batteristi che a loro volta, negli anni sessanta e settanta, avrebbero poi creato il grande movimento del rivoluzionario rock? "Erano tanti e tutti bravi" conclude in quest'intervista uno dei padri della percussione moderna: Max Roach!
Con Max la batteria acquista in quegli anni roventi e tramite i dischi di Charlie Parker, Bud Powell, Miles Davis, Clifford Brown, una definizione ed un ruolo chiave non solo nella ritmica di base e nei suoi rudimenti, ma anche nella sua espressione più ancestrale, più tribale, più archetipica, per dirla alla Jung. E' così che ricordiamo il suono travolgente, indomabile e sensuale dei tamburi dei grandi come Buddy Rich, come Gene Krupa, come Max Roach; essi scrissero pagine indimenticabili del jazz e del be bop.
Max Roach è davvero una leggenda vivente che abbiamo avuto modo di incontrare e conoscere per un paio di giorni durante ...
l'articolo continua  

info intervista

Max Roach
un piacevole ed istruttivo seminario organizzato recentemente a Torino dal PercStudio del professor Giorgio Gandino.
Dalla voce di Max abbiamo scoperto alcuni episodi del passato, abbiamo apprezzato la sua umiltà ed il profondo rispetto per la musica e per i musicisti che, con lui, hanno fatto grande il jazz. Una tranquillità d'animo ed una professionalità spirituale che coinvolgono e che sono insite in questo grande maestro che ci parla del suo glorioso passato, che suona il suo inarrestabile presente, che ha marchiato il nostro futuro!

Alla venerata età di settant'anni continui ancora a sviluppare la tua carriera di musicista. Quali progetti hai nel cassetto?
C'è una grande varietà di cose che mi interessano, musicalmente parlando. Attualmente sto lavorando sulla mia biografia. Non appena finisco questo tour in Europa andrò via per un paio di mesi. Poi tornerò sulle scene perché ho ancora qualche contratto firmato da rispettare. Continuo ancora a lavorare con M'Boom, con il mio quartetto, con il doppio quartetto, lavoro ancora con il Coro e con l'Orchestra e proseguo con la mia attività solistica che mi ha portato a lavorare con l'Orchestra della Svizzera Italiana a Lugano e svolgere attività di seminarista anche in Italia. Ma la mia biografia adesso è per me il progetto più importante. Con l'editore ho il termine della consegna per giugno 1995 e quindi verrà pubblicata l'anno successivo.

E' già tutto pianificato allora. Che titolo avrà la tua biografia?
Avrà a che fare con la vita artistica. Ho avuto un'interessante e meravigliosa vita musicale. Ci sarà di tutto, tutto ciò che mi è successo nel bene e nel male. I successi ed i fallimenti. E' un giornalista che scrive per me, un mio buon amico che lavora con me da tempo.

Parlerai di te dal principio?
Sì, dall'inizio. Sono stato fortunato, perché ho suonato con alcuni dei più grandi musicisti del mondo. Non solo, ma io sono nato in un periodo di cambiamento negli Stati Uniti, nel 1924, subito dopo la Prima Guerra Mondiale. Sono poi emigrato a New York City nel periodo dell'Holland Reinessance, quando Duke Ellington, Louis Armstrong e molti altri grandi artisti scrivevano e rinnovavano la musica.
E da allora fino ad oggi ho avuto esperienze meravigliose. Alcune anche tragiche, come la morte di Clifford Brown, la mia battaglia personale con l'alcool e la droga, il fallimento dei molti matrimoni che ho avuto. Ma ci sono anche le cose buone: ho avuto l'opportunità di suonare con artisti come Billie Holliday e di far parte di gruppi e band con Duke Elllington, Louis Armstrong, risalendo fino ad oggi e agli artisti con i quali lavoro ancora adesso. Ho frequentato persone creative, non solo musicisti, ma compositori, come Emery Burako e Little Jones. Ho lavorato e fatto teatro con personaggi come Sam Shepard, ho musicato Shakespeare, ho avuto l'opportunità di fare veramente molte cose: alcune di grande successo ed altre che si rivelarono dei fiaschi. Tutto questo artisticamente parlando, ma mai a livello finanziario! Posso parlare di Charlie Parker, la parte sconosciuta di Charlie, di Miles Davis, di Duke Ellington...

C'è stato quindi un periodo di grande creatività negli anni cinquanta?
Mah... a volte non succede nulla per un certo periodo, poiché non è il momento del flusso creativo. Vuol dire che "the well is dry" (il pozzo è asciutto), come diciamo noi. Così bisogna aspettare finché qualcosa succede. Comunque, posso sempre ripetere cose che ho già fatto in passato. E a volte lo faccio. Ma è più eccitante se hai idee nuove da inglobare ad esempio ad alcuni sistemi di comunicazione visiva. Mi piace al proposito lavorare con ballerini e danzatori. Mi piace suonare con i cori e le orchestre. Ho fatto dei duo con compositori, con Tony Marsen, Bill Cosby e molti altri.

Pensi quindi che ogni persona abbia una propria creatività che esprime in certi periodi, stimolata forse dalle situazioni esterne?
Penso che dipenda dall'ambiente in cui si vive. Non penso dipenda dalla persona più o meno impressionata da certe situazioni. La creatività si manifesta come parte integrante dell'esperienza umana. E' parte dell'esperienza di vita. Il rap, ad esempio, è un fenomeno che si è sviluppato a causa dell'oppressione. Giovani con talento creativo hanno generato questa forma d'arte che interessa i giovani loro coetanei. E' meraviglioso. E' stato come un fuoco che si è propagato. Improvvisamente in tutto il mondo c'è gente che ascolta e fa rap. Nessuno pensava ad un simile successo.

Quindi per te l'oppressione o la limitazione indotta provocano reazione e creatività.
A volte. Penso che ogni generazione abbia un proprio modo per parlare della propria vita, del proprio tempo, della propria generazione. E' così anche per il rap. Fu così anche per Dizzie (Gillespie), Charlie (Parker) Louis Armstrong. Sto parlando della musica americana. Oggi è lo stesso e sarà così anche in futuro. Il rap è il modo in cui i giovani si esprimono oggi. Si interessano di musica e di politica al contempo. Non è monodimensionale il loro interesse e non dovrebbe comunque mai esserlo.

Negli ultimi vent'anni la gente dà meno valore alla creatività, alla musica: pensi sia a causa di una caduta dei valori umani?
Sì, la musica è uno dei pochi veicoli tramite il quale puoi essere creativo. La creatività esiste da sempre ed esisterà per sempre in tutte le generazioni a venire. In passato, forse quarant'anni fa, era la musica il veicolo, oggi è la letteratura, in futuro saranno le forse d'arte visiva. La creatività la vedo ovunque, sempre; non è esclusivamente la musica. Ho sentito molte persone farmi la stessa domanda: "non ci sono più Charlie Parker, Dizzie Gillespie, Lester Young. Che ne sarà della musica?" Ma io devo ammettere, oggi, dopo aver vissuto tanti anni, che la creatività arriva in altri modi.

Da altri punti?
Esatto, da altri punti. Vedo creatività in Michael Jordan. E' un giocatore di basket: lui è uno come Charlie Parker!

Oggi allora vedi i grandi del passato in altri uomini, non necessariamente musicisti?
Esatto. Non sono musicisti. Ma non devono essere necessariamente musicisti per avere l'ispirazione giusta. Ad esempio, prima di venire in Europa, ho scritto musica per Danza Moderna per uno dei più grandi ballerini americani, il suo nome è Bill T. Jones. Ci abbiamo lavorato su per dei mesi, solo per la prima a New York. E' stato fantastico. Non ha nulla a che fare con Charlie Parker e Miles Davis. Per me era terreno vergine. Stavo scoprendo cose nuove. Ho avuto l'opportunità di fare qualcosa di insolito. E di allargare le possibilità della mia immaginazione. Non succede tutti i giorni, ma è stimolante quando succede. Capisci cosa voglio dire? Non è necessario che sia qualcosa di nuovo per il mondo intero, ma per l'individuo. Come suonare con un'orchestra: non è una novità per un solista, ma per me ricevere l'offerta di suonare con un'orchestra e diver commissionare io stesso l'opera, è stato veramente innovativo. Ho visto tutta l'orchestra collaborare per capire e realizzare il brano al meglio. Quando puoi utilizzare un orchestra ed hai un percussionista è tutto un'altro mondo. Non volevo farlo in stile Concerto, ma volevo che fosse qualcosa di veramente differente.

Come si registrava in studio negli anni quaranta/cinquanta?
Eravamo in studio e facevamo il disco in tre ore. Era quindi tutta spontaneità musicale. A volte la musica era scritta, a volte no, come con Thelonius Monk. A volte le cose erano invece preparate. Mi è piaciuto suonare con Bud Powell, Poco Loco e naturalmente le cose che ho fatto con Clifford Brown. E davanti ad un eventuale domanda diretta al riguardo mi troverei in imbarazzo perché i musicisti con i quali ho registrato erano tutti dei giganti: non posso non menzionare Coleman Hawkins, Charlie Parker, Archie Shepp, Miles Davis, Bud Powell. Sono stato molto fortunato a suonare con questi grandi nomi.

Che ricordi hai di quegli anni?
Ricordo le registrazioni di "Poco Loco". All'inizio Bud Powell, mentre suonavo uno standard afro-cubano mi disse: "sei Max Roach, non ti viene in mente niente altro da suonare?" Così a casa studiai alcune ritmiche che potessero andare bene e le suonai sul disco che fu pubblicato successivamente. Tempo dopo suonai in un club della 121esima con Henry Redeavon, un trombettista bravissimo. Era piena estate, faceva caldissimo e ad ogni pausa uscivamo in strada a prendere aria. Non appena mi arrivò vicino lo salutai: "Ciao Bud, come va?" Lui mi guardò e subito mi disse: "You know, you fucked up my record!" (lo sai, mi hai rovinato il disco!) (risate). Si riferiva alla ritmica di "Poco Loco"! Col tempo quella ritmica divenne un clasico. Ma lui insistette con la sua idea. Io e Bud siamo cresciuti insieme a New York ed eravamo come fratelli. Eravamo amici e ci zittivamo a vicenda. Lui, poi, non capiva la ritmica. Finalmente avevo fatto qualcosa che lui non riusciva a comprendere! (risate).

Del resto te lo ha chiesto lui?
Ma l'ha apprezzato. Abbiamo fatto molti dischi insieme.

Chi fu il primo a proporti di suonare con un certo marchio di batteria?
Gretsch. Fu Papa Jo Jones a presentarmu alla Gretsch e a farmi avere un endorsement. Poi un giorno partecipai ad un Festival dove vi suonava anche Buddy Rich. Era estate e durante il pomeriggio ci incontrammo nella piscina dell'albergo. Dopo una nuotata cominciammo a parlare. Buddy usava le batterie Slingerland e mi chiese: "quanto ti paga la Gretsch per usare i suoi tamburi?" "Niente!" risposi io. "Mi danno le batterie gratuitamente e fanno pubblicità con la mia foto ed il mio nome su tutti i cataloghi" aggiunsi. Buddy allora rispose: "Io prendo cinquantamila dollari l'anno per usare Slingerland, anche se il loro rullante è una merda!"
Da lì cominciai a pensare e a capire. Così passai alla Premier. Dopo alcuni anni venni a suonare in Italia e Marino Meazzi mi fece provare le sue batterie Hollywood.
Ci trovammo d'accordo e suonai le Hollywood per molti anni. A New York ho ancora tutte le Hollywood che mi hanno dato. Ho anche due timpanetti a pedale, quelli che faceano una volta. E anche una batteria elettronica Meazzi Hollywood: fu la prima nel suo genere.

Esisteva anche una Hollywood con il tuo nome, giusto?
Sì, la Hollywood Max Roach, con la cassa piccola (18"). Era tutta montata su un carrello con quattro ruote per un agevole trasporto. Era veramente innovativa. Poi passai alla Ludwig e rimasi con loro per molti anni.

Chi erano i grandi batteristi sulla scena americana negli anni cinquanta?
C'era Gene Krupa che suonava i tamburi Slingerland, Buddy Rich che suonava le batterie Ludwig che a quel tempo si chiamavano WFL (con le iniziali del suo costruttore Willian Frankie Ludwig). Ricordo anche Louis Bellson che suonava batterie Rogers. Erano batterie stupende, veramente belle e con un grande suono. Poi c'ero io che suonavo Gretsch. Erano quattro i grandi batteristi di allora! (risate). Poi c'erano Papa Jo Jones, Zutty Singleton, Dave Tought, Cozy Cole, Elvin Jones. Erano veramente tanti, tutti bravi, tutti grandi!


© 2016 Il Volo Srl Editore - All rights reserved - Reg. Trib. n. 115 del 22.02.1988 - P.Iva 01780160154