Waltterri Vayrynen, dietro i tamburi dei Paradise Lost

Susy Marinelli 28 dic 2017
La storia dei Paradise Lost – considerati i precursori del death doom metal e del gothic metal – inizia nel 1988 ad Halifax (nel West Yorkshire britannico), quando Nick Holmes e Greg Macintosh, appassionati fans di band come Bauhaus, The Mission e Sisters Of Mercy, decidono di imbastire una band. Si uniscono a loro Aaron Aedy, Stephen Edmondson e Matthew Archer (il quale, nel 1994 lascia il posto al collega Lee Morris, ex membro dei Marshall Law).

L’album d’esordio vede la luce nel 1990 e si intitola semplicemente Lost Paradise. Segue una produzione a cadenze fisse, quasi un disco l’anno: Gothic (1991), Shades of God (1992), Icon (1993), il fortunatissimo Draconian Times (1995), e One Second (1997) che segna la svolta elettronica, oscura e sperimentale della band e che, con non poche polemiche, suddivide i fan tra i favorevoli all’innovazione e i conservatori.

Segue Host (1999) e poi Believe in Nothing (2001) che segna l’improvviso riavvicinamento dei Paradise Lost alle chitarre elettriche e ai suoni più duri del metal degli esordi, pur senza abbandonare del tutto l’elettronica. I fan della prima ora tirano un sospiro di sollievo…

Nel 2002 arriva Symbol of Life che mette la parola fine al capitolo synth-pop ...
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Paradise Lost
Waltterri Vayrynen
Medusa

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