KENNY ARONOFF... sex, drum & R&R!

Francesco Sicheri 04 gen 2019
Paul McCartney, Sting, Bob Seger, Jeff Beck, John Fogerty, Melissa Etheridge, Elton John, Alice Cooper, Joe Cocker, Jon Bon Jovi, Stevie Nicks, Mick Jagger, John Mellencamp, Rod Stewart, The Smashing Pumpkins, The Rolling Stones, B.B. King, Ray Charles, Johnny Cash… e la lista non finisce qui. Cos’altro potrebbe servire per descrivere la caratura di un musicista come Kenny Aronoff?

Nato il 7 marzo del 1953 ad Albany, nello stato di New York, città che non a caso sul proprio emblema riporta la dicitura “Assiduity”, Aronoff è uno dei più infaticabili musicisti in circolazione, una di quelle persone sempre in grado di stupire per la sua costante voglia di mettersi in gioco e di portare il proprio status di artista ad un livello superiore. Negli anni Aronoff ha plasmato una mentalità lavorativa fra le più attive e produttive, caratteristica che lo ha reso capace di scalare i palcoscenici più ambiti senza però perdere una sola briciola dell’umiltà e dell’affabilità che lo contraddistinguono.

Aronoff non solo ha recentemente pubblicato un nuovo album con i Supersonic Blues Machine, ma ha anche intrapreso l’ennesimo tour con John Fogerty, al quale ha affiancato una nuova incredibile collaborazione con Jerry Lee Lewis. Con Kenny abbiamo ...
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info intervista

KENNY ARONOFF
parlato di come la sua vita si sia evoluta rispetto ai primi anni come professionista, delle tante avventure sul palcoscenico, e dei moltissimi progetti che ha attualmente in cantiere.

Sapendo che sei una delle persone più impegnate di tutto il music business, la prima domanda sorge spontanea: cosa stai facendo al momento?
In questi giorni sono a Las Vegas pronto per suonare con John Fogerty, ma oggi abbiamo una giornata libera e, visto che non riuscivo a dormire, ho deciso di alzarmi presto per lavorare sull’editing del mio nuovo libro.

Stai quindi scrivendo un seguito di Sex, Drums, & Rock‘n’Roll?
Possiamo chiamarlo seguito, anche se non sono sicuro sia il termine adatto dato che quello di cui parlo è la mia vita. Nel primo libro ho raccontato molto delle serate più assurde, dei milioni di album venduti, dei GRAMMYs, e dei tanti tour con alcuni dei più importanti musicisti del mondo, ma in questo nuovo libro mi sto concentrando su qualcosa di più intimo. Quando scrivevo il primo libro sapevo di voler coprire il più vasto numero di argomenti, ma allo stesso tempo mi accorgevo di essere sempre in procinto di lasciarmi scappare qualcosa. La realtà è che nella mia vita ho raccolto dei risultati incredibili, e spesso e volentieri mi sono ritrovato a pensare che sarebbe stato interessante per le persone conoscere la mia storia.

Indubbiamente se c’è una persona nel settore che può avere molti aneddoti da raccontare, quella sei sicuramente tu.
Con i tanti album e tour ai quali ho avuto modo di partecipare, potrei letteralmente sotterrarvi, e fidati quando ti dico che Sex, Drums & Rock‘n’Roll ne contiene soltanto una parte. Per quanto io mi diverta moltissimo a rispolverare alcuni dei ricordi accumulati durante la mia carriera, c’è una parte di me che vuole concentrarsi sullo scrivere un libro che sia anche d’ispirazione e non solo d’intrattenimento, ed è per questo che ho deciso di iniziarne un secondo. Credo che sia importante per le persone sapere che io per primo non credo di essere il batterista più talentuoso del mondo, ma il fatto è che per diventare una persona di successo non basta suonare in un certo modo. Ci sono molte capacità che devi sviluppare e che sono importanti tanto quanto la tua bravura sullo strumento.

Sapersi relazionare con tanti, e diversi, artisti è sicuramente una delle cose in cui hai dimostrato di essere uno dei professionisti migliori e più rispettati…
Beh, se anche diventi il miglior batterista del mondo, ma poi non sai come comportarti in una situazione di gruppo, oppure non sai comunicare bene con le persone che hai attorno, la pratica e l’esercizio saranno vanificati dalla tua attitudine. A questo si aggiunge che anche la gestione economica della tua vita diventa presto una parte molto importante, ecco perché credo che dopo molti anni di esperienza accumulata, posso essere in grado di scrivere un libro rivolto a tutte quelle persone che vogliono assorbire qualche consiglio nel tentativo di dare il meglio di sé nel proprio business, o semplicemente nella propria carriera come musicisti. Il progetto di questo libro va a completare un’idea che ho iniziato a sviluppare con uno show (che mi ha richiesto quattro anni di preparazione) che non punta soltanto ai musicisti, ma piuttosto vuole essere uno spettacolo in grado di trasferire ispirazione alle persone che vogliono cimentarsi con l’accrescimento del proprio business o del proprio progetto.

Credi di poter individuare qual è stata la chiave che ha sbloccato la tua carriera?
Oltre al duro lavoro, che è un requisito base, senza il quale niente ha senso, la vera caratteristica che ha sprigionato tutto ciò che ho ottenuto, è stata l’onesta. Sono una persona senza filtri, persino il modo in cui suono rispecchia il modo in cui parlo, ed il mio essere onesto nella vita di tutti i giorni non è qualcosa sul quale devo sforzarmi, semplicemente non riesco a comportarmi in nessun altro modo. Per onestà intendo anche un’onestà di tipo artistico e intellettuale, che spesso e volentieri comprende il dover esprimere un parere contrario rispetto a quello esposto dall’artista con cui sto lavorando, ma sono convinto del fatto che facendo una critica onesta e costruttiva a qualcuno sarà molto più facile essere presi seriamente. Essere onesti porta ad essere autentici, e nella musica questa è probabilmente una delle qualità più rare e ricercate, motivo per cui vengo contattato da così tanti artisti.

Con tutti gli impegni che hai non deve essere facile incastrare ogni cosa al posto giusto…
Non lo è assolutamente, però mi sono posto delle regole. La musica viene sempre prima di ogni altro tipo di impegno, ha la priorità su tutto. Proprio in questo periodo sto concludendo la produzione artistica di uno show televisivo, che ho curato soltanto rispettando i ritagli di tempo concessi dai tanti tour. Inoltre sono stato contattato per tenere tre seminari a marzo che non saranno incentrati sulla batteria ma proprio su ciò di cui abbiamo appena parlato, ovvero il modo in cui approcciare una carriera, la giusta mentalità, il modo in cui trattare con i propri colleghi e con i propri competitor. Non posso nasconderti che anche avendo da poco assunto un’assistente faccio fatica a muovermi nel marasma di cose che serve portare a termine per adempiere a tutti i miei compiti in maniera consona… Oh, quasi dimenticavo, da poco abbiamo firmato tutte le carte necessarie a dare il via ai lavori per un Kenny Aronoff Documentary, che mi è stato proposto nientemeno che dal boss della Kodak, il quale vuole assumere un regista molto importante per l’occasione.

Wow! Questa credo sia una notizia molto importante anche per una persona come te, ormai abituata a vivere esperienze incredibili!
Sono felicissimo di quest’opportunità, anche perché ho già preso parte a qualcosa di simile con Hired Gun, il documentario che è ora disponibile su Netflix, ma per questo nuovo progetto vogliamo fare qualcosa di meno incentrato sulla batteria. Sarà un documentario basato soprattutto sulla mia vita come musicista, sugli aspetti umani e sul processo di crescita che ho affrontato durante gli anni. In definitiva sarà una cosa più intima, e proprio per questo sono felicissimo della proposta che mi è stata fatta. Ovviamente la mia vita e la batteria sono andate mutando di pari passo, e pertanto si parlerà moltissimo anche della mia carriera di musicista, ma non sarà assolutamente l’unica cosa. Credo piuttosto che la batteria ed il mio amore per lo strumento saranno raccontati attraverso la storia di un ragazzo proveniente da una piccola cittadina, che è riuscito a salire sui palcoscenici più ambiti di tutto il mondo.

Per quanto riguarda invece la tua attività in studio di registrazione? Hai qualche progetto in particolare sul quale stai lavorando?
Per quanto riguarda il mio lavoro in studio mi sono adattato al modo in cui il mondo della musica è cambiato. Una delle regole principali per avere successo, cosa di cui parlo spesso anche nel libro, è quella di cercare sempre di rimanere rilevante nel proprio settore. Questo per me ha rappresentato il dovermi spostare dall’Indiana, dove vivevo prima, verso Los Angeles. Non è stato un cambiamento facile soprattutto perché in Indiana godevo di un costo della vita molto più basso di quello che invece bisogna sostenere a Los Angeles, ma questo mi ha permesso di poter aprire un mio studio di registrazione personale dove poter lavorare. Questo è accaduto soprattutto perché negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo calo del budget a disposizione per le produzioni, e così ho dovuto adattarmi al fatto che, se avessi voluto continuare a lavorare in studio di registrazione avrei dovuto spostarmi a Los Angeles, anche perché molte meno persone sarebbero state disposte a pagare per le mie trasferte dall’Indiana. Cercare di restare sempre rilevante nel proprio settore vuol dire anche questo: trasferirsi e, fondamentalmente, cambiare vita. Grazie a ciò, ora sono in grado di suonare moltissimo in studio di registrazione, perché sono stato io per primo ad andare nella direzione del lavoro, senza aspettare che questo venisse da me.

Quello che ti contraddistingue da sempre è la tua presenza sui palcoscenici… Oltre a John Fogerty, con il quale ormai suoni da diverso tempo, hai altre novità da svelarci?
Assolutamente sì, ed è una di quelle novità veramente importanti. Di recente ho iniziato a suonare nientemeno che con Jerry Lee Lewis, il grande maestro.

Con Jerry Lee Lewis stiamo parlando della storia della musica…
Puoi dirlo forte, e non crederai mai che razza di performance riesce a mettere in piedi alla sua età! Ovviamente non suoniamo troppo frequentemente, perché non è più qualcosa che Jerry riesce a fare con costanza, ma ogni volta che saliamo sul palcoscenico è una vera e propria festa. Jerry ha ancora energia da vendere, cosa di per sé abbastanza incredibile considerati i suoi 83 anni.
I Rolling Stones, Elvis, Carl Perkins, Johnny Cash… tutti guardavano a lui come il Dio del rock‘n’roll.

Onestamente personaggi come Jerry Lee Lewis sono la ragione per cui persone come me, un giorno, hanno trovato una strada nel mondo della musica.
Sono felice di sentirtelo dire, e anzi tengo a sottolineare che non è comune fra i giornalisti di oggi, perché spesso gli insegnamenti di maestri come Jerry, vengono ormai dati per scontati. La verità è che lui a 83 anni riesce a mettere in piedi un concerto migliore di quello che molti altri pivelli riescono ad imbastire in un’intera carriera. È un musicista estremamente attento, e ogni volta che sale sul palcoscenico, anche dopo una carriera assolutamente leggendaria, ha ancora la voglia di dare il massimo e di lasciare sul palco ogni goccia di sudore. Fin dalla prima volta che ho suonato con lui ho capito di essere arrivato alla corte di uno dei più grandi di sempre, anche soltanto per il fatto che ad ogni concerto saliamo sul palco senza alcuna scaletta già decisa, tutto nasce sul momento. Jerry suona un accordo di intesa con la band e poi inizia il brano senza altri indizi, e da lì in poi si aspetta che tu lo segua senza fiatare.

Uno showman, ed un ribelle in tutto e per tutto.
Esatto. Sicuramente il genere musicale permette questo tipo di cose più di quanto altra musica non faccia, ma è comunque qualcosa di sensazionale. E aggiungerei inoltre che suonare quel tipo di rock‘n’roll, che tutti credono essere basilare e semplice, diventa immediatamente un’impresa titanica quando si è al fianco di chi lo ha inventato. Jerry Lee Lewis è un musicista dotatissimo, e per questo pretende sempre tanto da chi gli sta vicino. Non voglio assolutamente vantarmi - chi mi conosce sa che pur avendo miliardi di motivi per farlo non mi azzardereimai - ma voglio raccontarvi un aneddoto riguardo a Jerry Lee Lewis. Come vi dicevo è una persona molto esigente, e così quando ho suonato il primo concerto con lui, ho cercato di dare il meglio di me stesso perché ero stato avvisato che non sarebbe stato un lavoro facile. Una volta tornato a casa dopo quella serata mi arriva un messaggio dal tour manager: “Jerry non riesce a smettere di parlare di te”.

Credo sia uno dei massimi riconoscimenti per l’impegno e l’amore che hai sempre profuso nel tuo lavoro.
Non avrei potuto chiedere di meglio. Jerry Lee Lewis mi riconosce come uno dei migliori batteristi con cui ha suonato, per me questo vuol dire tutto.

Ogni volta che ho l’occasione di incontrarti il pensiero mi nasce spontaneo: esiste ancora qualcuno con cui sogni di poter suonare?
Fortunatamente sì, altrimenti vivrei una vita davvero triste. Se potessi assemblare la mia dream band chiamerei immediatamente Jeff Beck e Sting. Un power trio del genere sarebbe il mio sogno. Con Jeff ho registrato in passato e lo rifarei immediatamente, mentre con Sting ho avuto modo di suonare qualche volta… Credo sarebbe davvero una band fenomenale.

Dovresti cercare di renderlo possibile…
Un modo c’è, serve creare un evento come quelli della mia fondazione, mettere sul tavolo un po’ di soldi… e vedrai che anche Jeff e Sting si faranno vedere (ride).

So che fra i tantissimi impegni lavorativi in cui sei coinvolto, hai avuto modo di dare vita ad una fondazione benefica. Siccome ho saputo che è qualcosa a cui tieni molto, ti chiederei di parlarci del progetto.
Lo apprezzo molto Francesco, grazie. L’organizzazione si chiama Kenny Aronoff Enterprises, ed è un progetto dedicato ai veterani di guerra. Non sono stato io a partorire l’idea iniziale, infatti il tutto mi è stato proposto dopo una conferenza a cui ho preso parte, un meeting molto interessante con un sacco di persone intelligenti ed illuminate chiamate a parlare… E c’ero anche io (ride). Ad aiutarmi nello sviluppo dell’idea è stata una persona di nome Sam Beard, che ha lavorato e servito il paese sotto la guida di ben sette presidenti degli Stati Uniti. Molto del suo lavoro per la Casa Bianca riguardava l’organizzazione di eventi benefici e il sostentamento di organizzazioni benefiche, ciò gli ha permesso di imparare a conoscere alla perfezione il sistema e il suo funzionamento. Sam ha fondato tempo fa un’organizzazione chiamata GIFT, anch’essa dedicata all’aiutare veterani di guerra… e così, poco dopo il nostro incontro, e soprattutto dopo la mia presenza a NYC in un evento in onore di tutti quelli che hanno combattuto per l’esercito, Sam mi ha proposto di dare vita ad una nuova fondazione insieme a lui e Phil Caputo (anche lui da più di vent’anni al lavoro con organizzazioni benefiche). La fondazione richiede molto del mio tempo, ma sono più che felice di spenderlo per la giusta causa.

Testo di Francesco Sicheri
Foto di Robert Knight e Vikram Chandrasekar



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