Billy Cobham, tutta la verità...

Paolo Sburlati 03 gen 2018
Questa intervista risale al giugno 1990.

Negli anni settanta i batteristi nel mondo dovettero confrontarsi con un nuovo fenomeno della batteria: Billy Cobham. La freschezza dei suoi ritmi, la sua dinamica e la sua personalità, costrinsero i batteristi a rivedere la loro tecnica, espressione e linguaggio...

La carriera solistica di successo di Billy inoltre, aprì le porte a molti altri batteristi desiderosi di far valere le proprie capacità artistiche non solo percussive: vennero fuori Narada Michael Walden, Bobby Colomby, Phil Collins, Bill Bruford, Alphonse Mouzon e molti altri. Billy è stato un punto fondamentale nell'evoluzione della percussione su questo pianeta, almeno quanto Gene Krupa lo fu negli anni '40.

Unico e dominante, Billy finì per diventare un personaggio irraggiungibile ed ineguagliabile tanto che molti dovettero trovare una scappatoia... Apparvero quindi altri modi di pensare la batteria, altre espressioni, altre tecniche ed espressioni ed altri nomi come Gadd, Colaiuta, Weckl e via di seguito. Pur relegato nelle Hall of Fame, Billy oggi continua con coerenza la sua carriera solistica con i suoi gruppi ed i suoi seminari in giro per il mondo.
Ha scritto un libro su come affrontare psicologicamente la batteria. Ho avuto modo di leggere alcune pagine .
manoscritte e trovo ...
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info intervista

Billy Cobham
sia un progetto molto interessante, non il solito metodo pedissequo.

Ultimamente è addirittura ringiovanito grazie agli esercizi di stretch ed alla raffinata cucina di sua moglie Ann, che dirige anche una palestra di ginnastica aerobica in Svizzera oltre ad essere chef diplomata di cucina indiana, cinese (a Billy piace lo Sushi!), coreana e francese. Billy è veramente un uomo fortunato!


Che cosa hai fatto ultimamente?
Ho formato un gruppo con degli ottimi musicisti tra cui Rita Marcotulli alle tastiere, Peter Woelpl alla chitarra, Wolfgang Schmidt al basso e Nippy Noia alle percussioni. Abbiamo girato tutta l'Europa e abbiamo fatto un sacco di concerti, siamo venuti in tour anche in Italia nel 1989. Non è però stato remunerativo per me, poiché il manager che organizzava i tour non si è dimostrato una persona giusta. Mi sono spesso trovato a pagare di persona i miei musicisti, c'erano sempre dei problemi particolari derivanti da situazioni particolari. Così alla fine mi sono reso conto che chi ci aveva guadagnato è stato solo il manager. I musicisti si sono dimostrati totalmente all'altezza della situazione musicale e molto comprensivi. Il gruppo esiste ancora e abbiamo anche suonato alcune volte in America. Rita è stata molto apprezzata e c'è un certo interesse intorno a lei come musicista al di là dell'oceano. Ritorneremo in America per un tour, anche se alcune cose sono andate un pò storte come organizzazione a causa dello scorso terremoto di San Francesco. Ho dovuto quindi cambiare un pò i miei programmi. E' comunque una brutta situazione quella in cui ci si trova certe volte per cause manageriali e spesso mi addosso la colpa lo stesso per evitare guai ulteriori durante i tour. Non ho fatto nomi a tal proposito, ma ho avuto solo un manager ultimamente!

E' un pò quello che è successo con McLaughlin nella Mahavishnu Orchestra?
Mi sono ritrovato licenziato da John. E non solamente io. John voleva accentuare certe sue idee musicali e guadagnarci esclusivamente sui diritti d'autore. Ma noi non la pensavamo così, non eravamo stipendiati per comporre e suonare con lui. Così lui fece una sua scelta e cercò di portarla avanti con altri musicisti. Ma a quanto ho capito non ha più funzionato da allora. Io da parte mia ho intrapreso una carriera solistica con alcuni musicisti interessati, tra cui Jan Hammer che era con me nella M. Orchestra. Abbiamo registrato insieme "Spectrum" con Lee Stark al basso e Tommy Bolin alla chitarra.

Che ne è stato della Mahavishnu Orchestra negli anni ottanta?
Sto ancora aspettando che John mi chiami per cominciare il tour! Vedi, quando sei in contatto con certi musicisti ti aspetti di avere un certo trattamento da loro, un certo rispetto, lo stesso rispetto che io dò loro. E' un giro chiuso, tutto ciò che tu fai agli altri in questo ambiente prima o poi ritorna su di te e se ti sei comportato in modo egoistico o hai voluto fare il furbo, gli altri ti eliminano dal giro e le tue cose non proseguono più. Dopo aver registrato alcuni brani della nuova M. Orchestra, lui mi disse che ci avrebbe pensato su e mi avrebbe fatto sapere quando cominciava il tour. Alcuni mesi dopo uscì il disco con Danny Gottlieb alla batteria. Purtroppo per loro finì come tutti ben sanno. Credimi, il rispetto tra noi musicisti è fondamentale, bisogna essere chiari e leali con chi si lavora, anche se a volte ci rimetti inizialmente. Ci guadagni successivamente. Devi mantenere la tua forza morale interiore se veramente credi in ciò che fai. Solo così puoi realizzare i tuoi progetti. Io ho fatto anche degli errori nella mia carriera, certo, li ho fatti in buona fede e di mia spontanea volontà. Posso dire di aver scelto i miei errori ed i miei successi.

I successi sono comunque tanti!
Nell'insieme sì.

Come vedi oggi le percussioni nel mondo e come ti trovi in Europa, o meglio in Svizzera, dove vivi da anni?
C'è stato un periodo, quando vivevo negli Stati Uniti, che ho capito che non si potevano più fare certe cose e certe persone non erano più come prima a causa di certi business iniziati in quegli anni. Così ho cominciato a pensare cosa potessi fare e tanto per cominciare mi sono sposato in Europa per vivere lontano da quell'ambiente e poter far conoscere la mia immagine e la mia carriera qui. Lavoro sempre con l'America e mi sposto spessissimo da qui per andare a lavorare negli Stati Uniti. Altri musicisti mi chiedono come sia possibile per me riuscire ad organizzare tour, incisioni, seminari, concerti in Usa restando qui. E' facile, ho delle persone giuste in America che lavorano per me quando dò loro delle date libere. Poi loro mi chiamano quanto è tutto pronto per cominciare. Inoltre lavoro qui in Europa; è un doppio mondo per me, doppiamente interessante e doppiamente produttivo. Ho sempre fatto il meglio di ciò che potevo fare e nell'insieme mantenuto il mio concetto del suonare le mie idee in modo definitivo. Oggi vedi un mucchio di musicisti che si siedono alla batteria e non fanno niente. E sono grandi musicisti, ma almeno per me, non fanno niente. Buttano via un tremendo potenziale musicale che traspare comunque; questo solo per poter mantenere il loro posto sicuro nella comunità e nel giro al quale appartengono. Forse avrebbe potuto capitare anche a me se fossi rimasto in America... sono contento che non sia successo!

Non ci hai perso finanziariamente?
La scelta che ho fatto mi ha dato più soddisfazioni musicali e questo è facilmente capibile. Sicuramente non mi ha dato grandissime soddisfazioni in termini di dollari, se vuoi, ma il lascito è sicuramente superiore. Chiunque deve vedere dove vuole arrivare "in the long run" in tutta la propria carriera. E anche cosa vuole ottenere. Se non avessi fatto niente qui in Europa, se non avessi ottenuto qualcosa di cui essere orgoglioso oggi, non potrei parlare così adesso. Certo sarebbe stato più facile per me restare in America. Avrei potuto portare altri musicisti in studio e promuovere del music business, fare il produttore, organizzare per me alcune date qui e là, anche perché a quel tempo non succedeva nient'altro in America. Non sono venuto qui in Europa per sedermi al sole e non fare niente. Volevo allargare le basi, le possibilità di lavoro. Volevo anche espandere le mie possibilità come compositore, focalizzare i miei concetti come artista e musicista.

So che sei anche un bravo fotografo.
Mi è sempre piaciuta la fotografia e il baseball. Da piccolo non sapevo se avrei voluto fare il giocatore di baseball o il musicista. Poi è stata una scelta naturale. Però la fotografia è una passione che ho ancora. Ultimamente ho fatto un'esposizione a Zurigo e una a Filadelfia. Voglio fare anche un'esposizione di foto revival, le migliori di quelle che ho fatto con i più grandi musicisti con i quali ho suonato, foto inedite di quando ero in studio con Miles, in tour con la Mahavishnu, con Duke, Clarke, Greateful Dead, Weather Report... insomma il meglio di oltre tremila foto che ho a casa.

Non mi sembri molto americano nel pensare e in effetti non lo sei di nascita. Direi tu sia ormai cosmopolita.
Sicuramente. Ho il passaporto americano che è un documento difficile da ottenere. E' uno dei documenti più speciali che ho. Difficile nel senso che posso lavorare in America e non ho bisogno di risiederci. Posso girare il mondo e fare ciò che voglio. Sai quanto è difficile portare musicisti dall'estero a suonare in America? Sai quanto aspettano certi artisti per avere un permesso o un'autorizzazione a lavorare in tour in America? Per me è una situazione speciale poter organizzare un tour e portare altri artisti con me da fuori, avere il rispetto dei miei colleghi in America e poter fare delle cose creative là, guadagnarmi da vivere. E' una situazione speciale. Così il passaporto per me è un documento molto speciale, qualcosa che porto alto con me e che riverisco, qualcosa per la quale mi onoro di far parte. Ma ciò che è speciale per me è essere cittadino del mondo. E' bello poter girare e lavorare con altri, prendere parte ai loro progetti, condividere esperienze e consigli e sapere di poter tornare quando voglio negli States e prendere quei vantaggi commerciali e dei mass media tipici americani. Questo solo dal punto di vista materialistico; per quanto riguarda il concetto di vita americano si possono avere dei vantaggi vivendo là, ma dipende dove vivi. Punto primo non ho bisogno di vivere a New York. Per me l'America non è New York, è il Maine, il Kansas, il Nebraska, il nord e il sud dei suoi confini, quell'America che poche persone conoscono, perché il concetto di America per il resto del mondo è Los Angeles e New York. Ma la gente vera, il maggior numero di americani vive fuori da NY e LA. La gente non ha mai visto i veri Stati Uniti. Su più di diecento milioni di americani almento centosessanta milioni vivono fuori dalla California e fuori da New York! E' un pò come andare a Parigi e pensare che quella è la Francia! Completamente sbagliato! Lo stesso dicasi per Los Angeles; non è la California. Los Angeles è Los Angeles; San Francisco è una zona completamente differente. Non appena entri a San Francisco dici "qui ci sono già stato!" Potrebbe essere una Firenze, te ne rendi conti, San Francisco è la città più europea di tutti gli Stati Uniti. Se vai a Boston ti sembra di essere in uno dei quartieri giovani di Londra. Lo stesso quando vai in Virginia, si vede chiaramente chi ha fondato quelle città.

Parlami della tua attività di seminarista.
Ho sempre insegnato batteria ad alcuni allievi volonterosi quanto avevo tempo, sin dagli anni sessanta. Doanne Perry, che ti ha chiamato ieri a casa tua per l'intervista, è stato uno dei miei allievi nel 1971. Oggi suona con i Jethro Tull. Mi ha fatto piacere parlare con lui dopo tanti anni. Ce ne sono stati altri, ma non ho più avuto contatto con loro, so comunque che stanno bene! Negli ultimi anni ho cominciato ad intensificare la mia attività di seminarista perché credo sia importante andare in giro per il mondo ad insegnare alle nuove generazioni ciò che ho imparato in tanti anni di carriera. Può servire loro, può dare nuove idee e nuova volontà. Ultimamente ho abbandonato la strada delle sponsorizzazioni con i marchi con i quali sono stato associato per anni: collaboro con chiunque mi chieda informazioni, consigli, suggerimenti. Ultimamente sono stato insieme a Remo Belli e Rick Drumm in America e ho avuto modo di provare alcune novità Remo. Ho usato le loro batterie per alcuni seminari negli States.

Quali novità Remo hai provato?
Gli Spoxe. Sono molto interessanti. Ho un set completo di Spoxe, sto scrivendo del materiale e li userò sul prossimo disco. Ho anche parlato con Remp per realizzare una batteria Encore con i fusti più spessi: credo ci lavoreranno su. Le batterie Encore della Remo non sono una novità per me, le ho usate parecchio in questi anni sin da quando abbiamo fatto il primo tour di Seminari in Italia organizzato da te nell'88.

Quest'anno abbiamo usato la stessa Remo Encore con un set di piatti Paiste Signature Series, come ti sei trovato?
Benissimo, anche se il set Remo che abbiamo usato era lo stesso degli anni scorsi. Oggi i fusti Remo Acusticon sono migliorati rispetto a due o tre anni fa. Sono più definiti e con un maggior attacco di suono.

Come trovi i nuovi Paiste Signature Series?
Hanno un suono molto brillante e chiaro, veramente. Non mi sembrano piatti specifici per determinati stili musicali, bensì piatti per un uso vasto, universale, si può fare di tutto. Questo concetto l'ho capito usando solo alcuni piatti che mi hai fornito in questi giorni. Non ho provato tutta la gamma, ma se tanto mi dà tanto...! Vorrei sentire più frequenze medie e basse da piatti dello stesso diametro, ma questo nuovo carattere di suono dei Paiste Signature Series è molto, molto valido. Hanno comunque una loro natura di suono, un carattere e se sai come suonarli riesci a tirare fuori ciò che vuoi.

Per quanto riguarda le batterie Remo hai detto di avere avuto esperienze recenti soddisfacenti, giusto?
Sì, molto soddisfacenti. Il set che abbiamo usato è un set vecchio di almeno tre anni e rappresenta la prima generazione di fusti Acusticon Remo. So che Remo oggi è molto più avanti con i suoi Encore e me ne sono reso conto usanto batterie di generazione più recente durante seminari che ho tenuto in America. Questi fusti Acusticon hanno un suono molto profondo, e se sai quali pelli scegliere per il tuo stile di musica riesci ad ottenere il massimo. Per me sono batterie molto efficaci per situazioni funk, heavy pop, hanno un suono corposo, specialmente le casse.

So che hai un quartetto di percussioni assieme a nomi prestigiosi come Jack DeJohnnette e Harvey Mason.
The Contemporary Percussion Ensemble! E' costituito da tre elementi definitivi ed uno da definire. Harvey deve darmi la risposta definitiva infatti. Ho parlato con lui di questo progetto e mi ha detto che è una buona idea e che vuol farne parte. Gli altri due sono Jack DeJohnette e Vic Firth e loro sono elementi definitivi. L'idea di questo progetto è quella di scrivere materiale per percussioni che può essere pubblicato e suonato da studenti ed altri percussionisti. Questo materiale rappresenta idee contemporanee nostre ottenute in cooperazione con quattro elementi di estrazioni musicali relativamente distinte tra loro. Ho scelto Jack perché ha l'abilità di sviluppare e presentare musica in un suo modo personale ed unico. E anche per il fatto che suona il piano.

Suonerà anche il piano in questo quartetto?
Vorrei, vedremo come si sviluppano i brani. Bisogna selezionare musica entro la quale Jack sia effettivo nel suonare il piano. Il suo apporto pianistico sarà sicuramente molto valido nell'Ensemble. Harvey trovo sia molto interessante come percussionista melodico (mallet percussions) e possiede un concetto indigeno del jazz da studio. Il suo fraseggio non è il solito su e giù rigido, è molto versatile come idee ed è contemporaneo. Harvey apporterà al gruppo unicità e semplicità e penso proprio che sia un grande per queste sue espressioni. Una persona molto affidabile inoltre. Vic Firth all'altro capo dellla situazione è molto corretto ed ha un modo di presentare la sua personalità e fraseggio tale da trascendere il musicista classico tradizionale o orientato. Vic rappresenta il percussionista "premier" nel suo genere e sarebbe un crimine non includerlo in un progetto percussionistico come il nostro. Io intanto sono in mezzo a questa personalità con il compito di riempire e completare tutto ciò che manca all'Ensemble. Siamo un team e devo coordinarlo al meglio delle mie possibilità. Il concetto deve essere unico per tutti, dobbiamo fonderci in un'unica persona con quattro facce e personalità.

Quando inizierà la sua attività questo quartetto?
Verso la fine del 1990 cominceremo a girare il mondo. Ho già i contatti necessari e gli organizzatori giusti.

Suonerete anche in Italia?
Se qualcuno ci invita verremo sicuramente. Ma abbiamo bisogno di ambienti adeguati per esibirci. Le Concert Halls vanno bene. Mi farebbe piacere suonare a Torino, a Milano o altre città, purché ci sia l'ambiente giusto e amichevole per questo tipo di ensemble e di musica. Del resto è un progetto speciale.

Hai grandi responsabilità nel fondare e proporre un gruppo simile.
E' mia responsabilità sviluppare ed è mia abilità divulgare le mie idee al crescente mondo dei percussionisti. E' super, super, super importante per me dare prospettive, angolazioni diverse ai percussionisti affinché possano vedere e sentire le cse nella totalità dei loro aspetti.

Per concludere mi racconti qualcosa di inedito dei bei tempi andati con la Mahavishnu?
Oh sì, erano bei tempi. Ricordo che quando suonavamo a Los Angeles eravamo nello stesso albergo insieme agli Who, Led Zeppelin, Frank Zappa, Blood Sweat & Tears, era uno di quei grandi happening che si realizzano in continuazione dopo il succeso di Woodstock. Si era in contatto l'uno con l'altro, si scambiavano idee, esperienze, si parlava e si viveva, si suonava assieme, le musica cresceva giorno per giorno e lo potevi sentire. Succedevano le cose più pazze in quell'albergo, eravamo tutti molto giovani e anche inesperti! La M. Orchestra è ufficialmente nata nel 1971, a gennaio, e il primo concerto l'abbiamo fatto ad aprile di quello stesso anno, dovevamo suonare per un'Università. Loro avevano capito che la nostra era una band di musica folkloristica indiana, non so come certe cose potessero capitare allora! Quando arrivarono i tecnici con tutti i nostri strumenti gli studenti che organizzavano il concerto capirono la situazione, così ci fecero suonare in un grande campo ai bordi di un'autostrada dopo aver fatto arrivare un filo lunghissimo per portare la corrente. La loro Università non aveva lo spazio necessario per il nostro palco! Proprio in quel concerto mi capitò una cosa unica nella mia carriera: al primo colpo di cassa mi si sfondò la pelle e non potevo fermarmi! Ho continuato a suonare: il pedale entrava sempre più dentro la pelle rotta, una situazione bruttissima, non la auguro a nessuno! Adesso c'è da ridere a pensarci. Così come rido ancora pensando alla prima volta che abbiamo registrato uno spettacolo per la televisione inglese. La Mahavishnu ha registrato solo tre volte in TV in tutta la sua carriera. Eravamo a Londra in uno studio televisivo. L'operatore stava su una telecamera mobile che poteva alzarsi ed abbassarsi per riprenderci da sopra. Il brano da eseguire era tratto dal primo LP del gruppo e cominciava con un accordo di chitarra fortissimo, sparato a tutto volume dai Marshall di John. L'operatore non sapeva questo: così in quello studio piccolo, non appena John iniziò il brano, l'operatore cadde dalla telecamera per lo spavento! Non ce ne siamo accorti subito e continuammo il brano fino in fondo. Hanno douto ritardare i VU Meters del mixer per riuscire a registrare bene. Erano altri tempi ma ci siamo divertiti parecchio in quegli anni!


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